SPEZIE  E  PROFUMI

 

 

 

 

In tutta la tradizione dell’oriente hanno sempre avuto un posto notevole le spezie e gli aromi per aromatizzare i cibi, per profumare ambienti e persone, per onorare le divinità e i sovrani.

La parola "profumo" deriva letteralmente dal latino "per fumum", ossia in origine indicava l’odore piacevole del fumo ottenuto bruciando sostanze varie: resine, legni, semi, fiori secchi ecc.. Queste sostanze un tempo erano tanto richieste che alcune di esse viaggiavano fino a luoghi molto lontani dai paesi di origine ed erano considerate preziose come l’oro e le gemme.

L’uso di bruciare aromi – di cui è prototipo l’incenso – nei riti religiosi è antichissimo: si ritrova in India e in Persia, in Siria e in Egitto. Gli egiziani usavano elaborate misture sia per le cerimonie di adorazione a Ra (il dio del Sole) che per l’imbalsamazione delle mummie: in questa però era escluso l’incenso, riservato al culto divino.

 

Scorrendo i vari passi della Bibbia che citano gli aromi, è possibile leggere il progresso storico dal primitivo uso di sacrifici animali fino all’omaggio dei Re Magi a Gesù Bambino e poi ai turiboli delle nostre chiese. Una prima menzione di resine aromatiche si trova nella suggestiva scena che fa da sfondo alla vendita di Giuseppe da parte dei suoi fratelli: questi, dopo aver gettato Giuseppe in una cisterna:

"videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Galaad, con i cammelli carichi di resina, di balsamo e di (in italiano) laudano …" (Gn. 37,25).

 

Qui si tratta di prodotti esistenti nella zona di provenienza dei cammellieri, o poco lontano. La RESINA indica molto probabilmente quella ottenuta dall’Astrogalus gummifer, una delle tante specie di Astragali che abbondano nel Mediterraneo e Medio Oriente. BALSAMO si riferisce alla secrezione gommosa della Balanytes egiptica, un arbusto che cresce nelle zone attorno a Gerico e altre pianure calde. Il Laudano che compare nelle nostre Bibbie è certamente il LADANO, cioè la resina ottenuta dal Cistus ladamifera. Il genere CISTUS (famiglia Cistaceae) comprende varie specie di cespugli, tipici delle zone costiere e collinari dell’Asia Minore e del Mediterraneo, che in primavera si coprono di fiorellini bianche e rosa. Anticamente erano molto apprezzati per la resina contenuta nelle capsule dei semi: questa si estraeva mediante funi e rastrelli di cuoio o addirittura, secondo una curiosa tradizione, dalla barba dei caproni che si facevano passare in mezzo ai cespugli. Alcuni autori ritengono che la MIRRA,  (in ebraico "lot"), citata più volte nell’Antico Testamento sia il ladano invece che la mirra tropicale. Più tardi, quando Giuda deve tornare in Egitto da Giuseppe con i suoi fratelli e con Beniamino, il padre consiglia di portare in dono i:

"prodotti più scelti del paese: un po’ di balsamo, un po’ di miele, resina e laudano (ladano), pistacchi e mandorle …! (Gn. 43,11).

 

Confermando così l’origine locale di questi prodotti.

La MIRRA vera è invece una gommoresina estratta dalla Commyfora abissinica (famiglia Burseraceae), un albero che vive in alcune regioni dell’Africa e dell’America tropicale.

 

 

 

L'INCENSO proviene da una pianta della stessa famiglia, la Boswellia carteri o Boswellia sacra, diffusa in Arabia, Somalia, Abissinia: è un cespuglio di media grandezza, da cui si estrae per incisione il vero incenso o Frankincense, che veniva importato in Israele ed in Egitto. In ebraico è indicato con la parola "lebonah", mentre "kethoreth" significa una miscela di aromi (tra cui l’incenso) usata nell’olio dell’unzione sacerdotale e bruciata nelle offerte rituali.

 

Di queste preparazioni viene data la ricetta precisa per l’olio dell’unzione:

"mirra vergine per il peso di cinquecento sicli, cinnamoro odorifero duecentocinquanta sicli, canna odorifera duecentocinquanta, cassia cinquecento sicli e un hin di olio di oliva";

 

per il profumo da bruciare:

"storace, onice, galbano come balsami e incenso puro, tutto in parti uguali" (Es. 30,23-25; 34-35).

 

Anche ad Aronne viene prescritto di bruciare incenso nel sacrificio di espiazione (Lv. 16,12-13).

 

Tra le piante aromatiche prescritte, oltre all’incenso, per gli antichi rituali alcune sono originarie dell’Asia Minore e Mediterraneo: lo STORACE, resina odorosa dello Sturax officinalis, famiglia Storacaceae e il GALBANO, estratto dalla Ferula galbanifera, famiglia Ombrellifere.

 

 

 

Il CINNAMOMO odorifero e la CASSIA provengono invece da lontano. Il primo è la CANNELLA (Cinnamomum zeylanicum, famiglia Lauraceae), in ebraico "kinamom"; è la corteccia di un albero che cresce a Ceylon e nello Shri –Lanka ed era una delle spezie più pregiate.

 

La CASSIA  (Cinnamomum cassia) ebraico "qiddah", viene da un albero della stessa famiglia, più grande ma meno prezioso, che vive in India e in Indocina. Alla stessa famigli di queste due specie appartiene l’albero della canfora (Cinnamomum canfora).

 

La CANNA ODOROSA Calamo aromatico ( Acorus calamus, famiglia Araceae). L’ONICE è invece "ONICA" o Unghia odorosa: una conchiglia a forma di unghia, che emana profumo quando si aprono le valve.

 

 

 

Altre essenze odorose che sono  l’ALOE (Aloe vera), una pianta della famiglia delle Liliaceae che cresce nei climi caldi; il NARDO, in ebraico "nerd" estratto dal Nardostachis jatamansis che cresce sulle montagne dell’India; lo ZAFFERANO (Crocus sativum) ebraico "habaselet" indigeno dell’Asia Minore.

 

L’uso di tutti questi profumi non è riservato soltanto alle cerimonie sacre. Un gruppo di essi compare nel Salmo 45: forse un inno per un matrimonio regale (Salomone? Acab?), interpretato da taluni in chiave messianica:

"… il tuo Dio ti ha consacrato, con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali, le tue vesti sono tutte mirra, aloe e cassia, dai palazzi d’avorio ti allietano le cetre …" (Ps. 45,8-9).

 

Tutti gli aromi più preziosi sono compresi nella bellissima dichiarazione d’amore del Cantico dei cantici:

"Giardino chiuse tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cifro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo con ogni specie d’alberi da incenso; mirra e aloe con tutti i migliori aromi" (Ct. 4,12-14).

 

Segno di onore per il Re dei Giudei sono i doni portati dai Magi:

"aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra" (Mt. 2,11).

 

I Padri della Chiesa li interpretarono come simboli della regalità, della divinità e della passione di Cristo.

 

L’uso di unguenti profumati vigeva ancora al tempo di Gesù, come testimonianza l’episodio dell’unzione di Betania:

"Maria allora, prese una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri? Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: Lascia fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me. " (Gv. 12,1-8; Mt. 26,6-16; Mc. 14,3-9).

 

Dopo la morte di Gesù, i suoi vollero, secondo l’usanza, imbalsamare il suo corpo. I Vangeli narrano l’episodio con qualche variante: secondo Marco:

"passato il Sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per imbalsamare Gesù (Mc. 16,1) e lo stesso in Luca: "le donne prepararono aromi e oli profumati … il primo giorno dopo il Sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba portando gli aromi che avevano preparato …" (Lc. 24,1).

 

Secondo Giovanni, invece, il compito pietoso fu svolto da due uomini: Giuseppe d’Arimatea (che anche negli altri testi porta via il corpo di Gesù) e Nicodemo, che:

"portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei" (Gv. 19,39-40).

 

 

  

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